Il Guado

Qui, nel punto in cui state leggendo questo cartello, ci troviamo circa a metà del corso del Mugnone, che nasce dall’unione di alcuni rigagnoli poco sotto all’Olmo. Il ruscello saltella inizialmente di roccia in roccia, poi si allarga comodamente fra oliveti e vigne prima di attraversare Caldine e Pian di Mugnone, dove si ingrossa con le acque del Mugnoncello, di altri fossi e del depuratore. Si infila poi nella profonda gola incisa fra il Monte Rinaldi e la collina di Fiesole, da cui sbuca tutto rimescolato, si tuffa giù dalla briglia del Ponte alla Badia e se ne arriva
alle Cure.

Nel punto in cui ci troviamo l’alveo compie forse l’ultima curva naturale: piega a ovest e se ne va dritto dritto fino all’Indiano – salvo un paio di angoli secchi alla confluenza col Terzolle e in Piazza Puccini – incanalato quasi ovunque fra mura di pietra o cemento.

I grandi massi con cui è stato realizzato il guado (costruito per consentire il passaggio di mezzi addetti alla manutenzione) creano cascatelle e vortici che rimescolano e ossigenano l’acqua, attirando pesci grandi e piccoli.
E dove c’è pesce troviamo anche chi ne è ghiotto, come due specie di ardeidi, nitticora e garzetta.

I muri di argine come quello che vediamo dall’altra parte del torrente, sono costruiti spesso per evitare i danni delle piene. Nel suo piccolo, infatti, anche il Mugnone ogni tanto ha esondato provocando allagamenti, soprattutto nella zona a valle delle Cure, dalla Fortezza in giù. I punti più vulnerabili sono quelli dove l’alveo del torrente si restringe, a causa di ponti stradali o ferroviari, riducendo la quantità di acqua che può contenere: tutta quella che eccede fuoriesce. L’ultima esondazione, che molti ricorderanno, risale al 1992, quando si poteva toccare l’acqua chinandosi dal ponte alla Palancola. Alle Cure si allagò qualche scantinato, ma Novoli e Piazza Puccini andarono sott’acqua.

Il ponte trae il proprio nome dal monumento eretto per commemorare un giovane principe indiano morto mentre visitava Firenze nel 1870, che scelse di essere cremato proprio alla confluenza dei due fiumi.

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